Rispetto. Rispetto delle scelte, rispetto del proprio
mestiere, rispetto delle regole di accesso alla professione , rispetto dei ruoli. Siamo così in mezzo,
talmente una generazione di mezzo da non sapere più se sia un valore da
praticare o da rivendicare. Con quella
sensazione perenne dell’essere fuori da un invisibile cerchio; dove non sempre chi è dentro è più bravo di te.
Visto da Sud, quel cerchio è popolato spesso da
persone incapaci ma ben introdotte, dotati del cognome e del lasciapassare
giusti. Il posto fisso è stato un inesauribile merce di scambio nel sottobosco
della politica locale che ha creato, fedeltà
ad un consenso fatto di riconoscenza malata; e di rispetto malato. Senza alcun rispetto per le
regole elementari di convivenza civile.
Intanto eccoci, ci siamo: in una condizione comune di
persone mature ma non più giovani, nel pieno di un’età produttiva e
riproduttiva, in una ambiente ostile che ci emargina dalla produzione e
negandoci la pienezza dell’essere genitori capaci dell’orgoglio di tirar su i
figli con la dignità del proprio lavoro.
E noi nell’incertezza di un eterno salto nel buio: di contratto in
contratto che non sai mai se ti verrà rinnovato; di retribuzioni che slittano
di mesi ed anche di anni; di tempo che passa e lascia spazio a quelli più
giovani di te, sfruttati quanto te o di
più, se possibile.
E allora quello da
riprenderci e da rinvigorire è il rispetto per se stessi che è stato il primo
ad affievolirsi; è attenuato, ma è lì, toccherà farlo rifiorire. Solo nella
consapevolezza del rispetto di noi stessi, del sapere che siamo in tanti a combattere una guerra personale che sta
diventando storia collettiva potremo chiedere il rispetto di chi è chiamato a
decidere le politiche pubbliche di crescita e di sviluppo del Paese.
Nessun commento:
Posta un commento