lunedì 5 marzo 2018

Elezioni 2018: Il coraggio mancato della sinistra sulla precarietà dei cinquantenni

Se una cosa non la conosci, non ne hai percezione, non te ne puoi occupare; al più ne puoi debolmente parlare. 
Che cosa ne sa un parlamentare uscente ricandidato della difficoltà di un cinquantenne che vive di un piccolo stipendio, frutto di un piccolo contratto che può essere strappato in qualsiasi momento. Che ne sa del furto di futuro, del non poter guardare con serenità al prossimo anno.
Se è vero che ciò che non si conosce non si nomina perchè non fa parte del tuo orizzonte di esperienze, ciò che non si nomina non esiste. 
Al massimo li abbiamo sentiti timidamente accennare alla precarietà del lavoro dei giovani.
Senza coraggio, senza convinzione, forse per timore che la questione possa toccare i loro figli e nipoti.

Gli schiacciati, quelli in mezzo, nati negli anni Sessanta, cui è stato promesso un futuro di classe agiata e invece sono i disagiati, venuti al mondo indossando gli occhiali sbagliati, il mondo lo hanno visto deformato e quando li hanno tolti hanno scoperto che la realtà aveva contorni e consistenze tutte diverse.
Da figli della classe agiata ad adulti della classe disagiata.
Figli di una generazione che per la prima volta sta peggio di quella dei genitori.

Nell'analisi del giorno dopo qualcuna invita a ristabilire la connessione sentimentale con le persone. Ogni tanto qualcuno, a sinistra,  dice questa frase ad effetto. Recuperare la rappresentanza e  voti  che stanno già da un'altra parte, sotto un cielo stellato, è arduo; che si finto o vero il cielo non possiamo saperlo ora.

Del resto non si è rivelato illusorio il cielo che copriva di speranze  i giovani degli anni '80?
Certo è che chi ha votato quel progetto è perchè non ne ha visto un altro credibile da un'altra parte e sentendonsi tradito ha pensato che non aveva niente da perdere. Tanto trasparente era e trasparente sarebbe rimasto, con il suo piccolo contratto da difendere o la piccola pensione dei genitori anziani cui attingere. 

Il rancore attraversa questo nostro tempo e con rancore le vittime di un sistema che vorrebbe solo autoconservarsi hanno lanciato un grido silenzioso.