martedì 2 dicembre 2014

Genere femminile Stato precario: Napoli Biblioteca Nazionale - giovedì 4 dicembre ore 16 - Le donne riflettono e raccontano

La forza della rete. Ci sono nodi che restano carsici per qualche tempo per poi riemergere con la forza della reciprocità. E' accaduto per questo evento recuperato fra le diverse centinaia di email che transitano sulla mia posta ogni giorno. E non c'era neanche l'oggetto specifico, semplicemente si chiamava invito.

Apro tutto, il più delle volte inutilmente, ma stavolta bene ho fatto.
Mi invitavano a questo  un tavolo di confronto alla

Biblioteca Nazionale di Napoli sala Venezuelana
Giovedì 4 dicembre ore 16.00 -18.00
Un'altra forma di violenza?

Vite precarie: da Judith Butler alla storia di una precaria/imprenditrice italiana 
Che cosa significa vivere nella precarietà? Come contrastarne la cronicizzazione? La vita materiale ci schiaccia in un orizzonte di sopravvivenza o esistono percorsi per vivere meglio? 
Una discussione che a partire dal lavoro teorico della sociologa Judith Butler dipanerà i fili della precarietà femminile contemporanea intrecciando fili di ragionamento di Fabiana Cacciapuoti (responsabile gruppo ricerca Soggettività Femminile), Tristana Dini (filosofa) e la scrittrice Francesca Vitelli autrice del libro Una vita da precaria.
Mi fa assai piacere darne notizia qui perchè c'è stato un tempo nei miei studi e nel mio lavoro di giornalista in cui molto mi sono dedicata al pensiero della differenza femminile, alle pari opportunità, alle buone pratiche femminili.

Un nodo di sapere che è un mio portato e che grazie alla forza della rete di relazioni reale e virtuale ha buon diritto di cronaca sul Sillabario.







sabato 27 settembre 2014

#Pausa Andata e Ritorno

E' che delle volte si ha bisogno di leggerezza. La vita si fa più complessa di sempre e nello scorrere dei giorni che si fanno settimane e poi mesi finisce che non scrivi per il blog. Ma non è che me ne sono dimenticata, né ho mai pensato di lasciarlo morire.

La questione si fa più urgente che mai: il cono d'ombra è sempre più denso e buio: oscure e fuori dal dibattito pubblico le vite dei precari della generazione di mezzo.  In Italia si parla di lavoro e si parla di giovani o di articolo 18, se si parla di precariato ci si riferisce ai precari della scuola o al più ai ricercatori universitari. Se si parla di tutele si parla degli esodati o dei tanti aventi maturato i contributi si vedono allontanare l'obiettivo pensione di anni.

E allora, nonostante la complessità della mia vita, riprendo l'urgenza di doverne parlare. Io dipanerò il filo da qui e voi dipanate il vostro.
Nel frattempo, per tornare alla voglia di leggerezza che dicevo all'inizio, ho aperto un altro blog, una cosarella leggera appunto: www.sfogliatelling.blogdiviaggio.it, se vi va.


domenica 22 giugno 2014

La #Precarietà nella Grammatica della Crisi #Repidee14

Dal  titolo "La Grammatica della Crisi"  ci speravo e mi aspettavo che i giornalisti economici, chiamati a discutere di lessico contemporaneo,  non lasciassero sotto al tavolo la parola precarietà ma che essa trovasse una declinazione nell'edizione napoletana della Repubblica delle Idee. E così è stato.  Il confronto ha aperto la sessione Officina curata da Dario del Porto e Giovanni Marino che l'hanno utilmente concepita come uno spazio di interazione con il pubblico.
     
                                                                       

Ha rotto gli indugi Luisa Grion, autrice attenta e costante di inchieste sulle trasformazioni veloci e drammatiche che investono i rapporti di lavoro. E quindi è naturale che nel dipanare il suo lavoro racconti storie, risvolti, conseguenze della precarietà.  Lo fa scegliendo le storie individuali condizionate nel quotidiano e nel futuro dalle decine di tipi di contratti, dagli ingaggi a singhiozzo, dai pagamenti in ritardo, da un welfare arrugginito dalla ferraglia dei diritti acquisiti. Le ha fatto eco Federico Fubini che si  è soffermato sulla fragilizzazione che sta investendo il nostro vivere cogliendone il nesso con l'urgenza dei giornalisti di raccontare la realtà con attenzione e fedeltà unica strada per  conquistare,  e mantenere,  la fiducia dei lettori. Una fiducia che secondo Sara Bennewitz si nutre di lavoro puntiglioso, di verifica di fonti e notizie oltre i comunicati stampa diramati nel settore economico da cordate, poteri imprenditoriali, datoriali e sindacali.

Mentre ascoltavo il confronto s'alimentava fra i miei pensieri il coraggio, mi facevo coraggio, mi ha incoraggiato sentire che le storie di precarietà hanno diritto di narrazione su Repubblica, sull'Espresso che ha raccontato in un'inchiesta il lessico famigliare di padri e figli precari (di quel racconto non ho tuttavia ancora trovato il coraggio di scrivere) e solo ieri ha dedicato copertura e dignità ai proletari digitali, gli ultimi sfruttati di oggi.


E' chiaro che queste testate hanno fatto una scelta di campo, quella dei diritti. Diritti naturali: il naturale diritto di cronaca di giornalisti che scelgono di raccontare  il naturale diritto di cittadinanza dei precari.



mercoledì 21 maggio 2014

venerdì 9 maggio 2014

Mam(m)a non Mam(m)a

Alcune nonostante la precarietà hanno chiuso gli occhi e hanno accolto il desiderio di avere un figlio. Senza aspettare tempi migliori: il posto fisso con lo stipendio al 27 del mese. Presa consapevolezza amara che tempi migliori e tempo di fare un figlio non è detto che coincidano lasciando agire anche un pizzico di incoscienza si lascia indietro il tempo in cui si pensa per uno.
E si passa a pensare per due poi per tre e anche per quattro. Come per Luisa.

Luisa Maradei, giornalista precaria di figli ne ha voluti due e Giulia la "grande" biondina chiacchierina capace di coinvolgerti in mille calembour di parole solo se lo ha ben deciso, ha ispirato l'e-book "Mamma ho dato un'idea - viaggio imperfetto fra pappe pannolini e Peppa Pig"

                                                                 

http://www.bookrepublic.it/book/9788897121992-mamma-ho-dato-unidea/

Illustrato dalle matite dal tratto leggero di Teresa Micillo, è una carrellata di istantanee di vita quotidiana che divertono senza farti la predica - rischio tipico di mamme abili di penna pronte e sottolineare che loro poiché sanno raccontartela sanno anche come si fa.Ben lontano il rischio per  Luisa che è madre teneramente apprensiva,  e se ne avesse avuto la tentazione avrebbe trovato Giulia e le sue piccole grandi convinzioni a sbarrarle il passo.

Ed è questo il pregio del piccolo libro: scritto mettendosi in gioco, giocando a mettersi in dubbio, proprio come fa lei ogni giorno crescendo i piccoli Giulia ed Eugenio. Si fa leggere leggermente e riga dopo riga ti fa coraggio come quando scovi, quasi d'improvviso,  fra le piccole avventure quotidiane, una piccola verità quasi nascosta dal trotterellare entusiasta di Giulia: "I figli sono una buona palestra per la vita professionale".

Riconoscersi è un attimo, farsi coraggio anche. E vale anche per le donne poco sotto e o poco sopra i trenta che stanno decidendo se chiudere gli occhi e.... darsi un'idea di futuro.

giovedì 1 maggio 2014

#PrimoMaggio #PrimadiTuttoilLavoro

E' appena un brivido di speranza. Ci credo. Se ne sta facendo carico il Partito Democratico con il Governo guidato da Matteo Renzi.

Prima di Tutto il Lavoro.  Ci dobbiamo credere per rivendicare il diritto al futuro.





Un anno fa nel post " #PrimoMaggio 3 donne raccontano" avevo scritto:

Tutti i giorni sono uguali quando sei precario. Anche il Primo Maggio. Te ne accorgi quando i sabati e le domeniche, le vacanze e le feste comandate ti mettono ansia, poi ti irritano un po' e non sai bene come mai fino ad urtarti definitivamente.


Avevo rilanciato Amare è un duro lavoro di Tiziana Ragni che da allora non è mai uscito dalla top ten dei post più letti.

Giacomo un anno fa è stato licenziato. Ha continuato ogni giorno a uscire alle otto e rientrare alle sette, ha continuato a pagare bollette, dentista e vacanze dei bambini. Ha chiesto prestiti e ha dato fondo ai risparmi. Per un anno ha risposto al cellulare in bagno alle agenzie di lavoro interinale. Per un anno ha continuato a lavorare così: senza lavoro.

http://www.sillabarioprecario.blogspot.it/2013/05/amare-e-un-duro-lavoro.htm

Avevo raccolto qui

http://www.paralleloquarantuno.it/articoli/anche-se-tornassi-a-lavorare-nulla-sara-come-prima.html

il racconto amaro di Gabriella Buttari

Il tuo cv lungo e vario ti avrebbe dato molte scelte. Invece.
Invece gradualmente sei entrata pure tu nella folla che va al discount, prima nei giorni della settimana, alle due, per non farti troppo notare. Poi anche il sabato e la domenica, tranquillamente. Ma anche lì a decifrare i prezzi, a prendere i biscotti per i bambini che somigliano a quelli di prima per non fargli notare troppo la differenza. E ti fai la tintura in casa.

Se avesse un contratto certo e tutelato Gabriella potrebbe andare, con gli 80 euro deliberati dal Governo Renzi, dal parrucchiere invece che organizzarsi col fai da te.

Io Gabriella non la conosco, mentre conosco molte e molti nella sua condizione; in un anno spero che il suo destino lavorativo sia cambiato in meglio. E con o senza gli 80 euro si possa concedere il coiffeur quando lo desidera.

In quanto al Primo maggio Duemila14, di mio non scrivo nulla. Piuttosto e con convinzione sottoscrivo.


 


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venerdì 25 aprile 2014

Contrasto alla precarietà della #generazionedimezzo #celochiedono i quarantenni

Lo può fare, se vuole,  solo il Partito Democratico, il mio partito. E' questione di giustizia sociale, questione di visione del futuro. Attenzione. Un tavolo di lavoro europeo nell'ambito del Partito Socialista Europeo per il contrasto alla precarietà della generazione di mezzo. 

I canditati italiani al Parlamento Europeo, sarebbe bene, mettessero il tema nella loro agenda di campagna elettorale, impegnandosi una volta eletti, a confrontare le politiche attuate negli altri paesi europei per consentire a chi un posto fisso non lo ha mai avuto e mai lo avrà, di stare sul mercato del lavoro con dignità. A pari dignità degli altri. Senza la continua preoccupazione del rinnovo del contratto, dei pagamenti che non rispettano né tempi né leggi. L'incertezza totale nel futuro e la certezza che perdere anche quel poco che c'è significa precipitare nella disoccupazione a vita. A 40 anni come a 50 e oltre. Energie ed esperienze sprecate.

Ci avranno pensato chessò in Francia o in Germania; confrontiamo i modelli, interventi e misure. Mettiamo a punto una piattaforma europea che ogni Paese possa declinare sulla sua realtà. Italia in testa dove stentiamo ad attraversare la trasformazione che invece di passare dal posto fisso alla flessibilità, ha solo prodotto sfruttamento, ricattabilità, precarietà.

Sarebbe importante si facessero portavoce del tema le 5 donne, Alessia Mosca, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Simona Bonafè, Caterina Chinnici,che guidano le liste dei candidati italiani del Partito Democratico al Parlamento Europeo.
Perché quel che non si chiama per nome non esiste, quindi mettiamola la parola precarietà in questa campagna elettorale.


domenica 30 marzo 2014

La rivincita del sapone di Marsiglia

E' un po' vintage il carrello della spesa di questi tempi precari. Ricompaiono prodotti degli anni Settanta, forse reclamizzati in Carosello. E' tornato il sapone di Marsiglia, economico sostituto di ben più cari e performanti detersivi in polvere, liquidi, in pasticche, tabs.

Il tradizionale quadrotto dall'inconfondibile profumo che emanava dal cassettone della nonna diventa un insostituibile alleato per bucati a mano e in lavatrice. A poco prezzo ci fa riapprezzare, dopo anni di detersivi e saponi cui, a sentire i pubblicitari,  mancava solo il dono della parola, si ricolloca nelle cose buone di una volta.

Quelle che usavano le mamme e hanno segnato quel loro tempo del boom economico e della parsimonia: col sapone di Marsiglia si rivedono sugli scaffali dei super e passano nei carrelli dei clienti la confezione delle bustine Idrolitina, la soda Solvay, l'Orzobimbo.
Manca nel ritorno di evergreen dimenticati la saponetta Camay  rosa di colore e nel profumo. A cercarla bene sono sicura che occhieggia dagli scaffali del supermarket.

domenica 23 febbraio 2014

Colleghi s-collegati

A ciascuno il suo contratto e quindi a ciascuno la sua trattativa personale e riservata. Con buona pace di parole conquistate nel Novecento: diritti e dignità del lavoro, contrattazione collettiva, sciopero, compenso minimo sindacale. Parole svuotate ed archiviate nel caos conveniente di 36 o forse addirittura 42 forme di contratto che regolano i rapporti di lavoro fra datori di lavoro e lavoratori.

Una giungla che genera colleghi scollegati: ci si incontra per un tempo limitato, si fa grossomodo lo stesso lavoro, nella stesso posto ma chiusi ciascuno nelle sua traiettoria personale ci si guarda bene dal condividere le informazioni su modalità e tempi d'assunzione, compiti, orari, impegno in ufficio o da remoto, compenso, in bianco, a nero.E poi non sempre c'è la corrispondenza fra quel che si fa e quel che è scritto sul contratto.

Accade dappertutto, se ne avvalgono anche nell'Amministrazione pubblica, quella che una volta era il posto fisso, uno e per sempre. Lo fanno tutti anche imprenditori che votano a sinistra. Non è fuorilegge, ma questo non toglie niente all'immoralità.

E tutto diventa ripiego, ripiegati su se stessi, ciascuno sulla sue urgenze piene di bollette da pagare, la famiglia da mantenere, e, quand'anche non ci fosse niente di tutto ciò chi può dire che il lavoro non debba vedersi riconosciuto in dignità che non deve per forza avere lo stigma compassionevole del bisogno.E' un ripiego lo stesso e piega con la stessa forza d'urto.

Lavoro che piega è un ripiego  e non ripaga perchè leggi bastarde lo consentono.

mercoledì 29 gennaio 2014

Poco pane e niente rose

Il lusso di scegliere e comprare il libro sbagliato. Sbagliato mo', forse  è parola  grossa per chi ama leggere, il cinema, il teatro, la musica i viaggi. Mi incuriosisce, lo compro e poi, letto, visto, ascoltato, andata e ritorno. Non mi è piaciuto. 

Non si può fare. Tempi di precarietà, pochi, pochissimi soldi a disposizione e allora tocca affinare il senso per la scelta giusta. Quando si può, se si può.

Che anche in questo paradosso è costretta a vivere e a sopportare la precarietà della generazione di mezzo. 
La prima generazione che nonostante ne sappia di più della generazione precedente, iperformata grazie a lauree, master, erasmus e famiglie a che finché hanno potuto hanno investito in formazione, sapere, cultura, considerandole cassaforte per il futuro.

Non è andata così, non sta andando così, se si sta più di tre minuti davanti allo scaffale di una libreria rigirando un volume fra le mani e poi si decide di passare per il supermercato che è più urgente fare la spesa per la cena; dicendosi "ho tanti classici a casa che potrei rileggere e magari di questo posso aspettare l'edizione economica":

Davvero non doveva andare così.