domenica 22 giugno 2014

La #Precarietà nella Grammatica della Crisi #Repidee14

Dal  titolo "La Grammatica della Crisi"  ci speravo e mi aspettavo che i giornalisti economici, chiamati a discutere di lessico contemporaneo,  non lasciassero sotto al tavolo la parola precarietà ma che essa trovasse una declinazione nell'edizione napoletana della Repubblica delle Idee. E così è stato.  Il confronto ha aperto la sessione Officina curata da Dario del Porto e Giovanni Marino che l'hanno utilmente concepita come uno spazio di interazione con il pubblico.
     
                                                                       

Ha rotto gli indugi Luisa Grion, autrice attenta e costante di inchieste sulle trasformazioni veloci e drammatiche che investono i rapporti di lavoro. E quindi è naturale che nel dipanare il suo lavoro racconti storie, risvolti, conseguenze della precarietà.  Lo fa scegliendo le storie individuali condizionate nel quotidiano e nel futuro dalle decine di tipi di contratti, dagli ingaggi a singhiozzo, dai pagamenti in ritardo, da un welfare arrugginito dalla ferraglia dei diritti acquisiti. Le ha fatto eco Federico Fubini che si  è soffermato sulla fragilizzazione che sta investendo il nostro vivere cogliendone il nesso con l'urgenza dei giornalisti di raccontare la realtà con attenzione e fedeltà unica strada per  conquistare,  e mantenere,  la fiducia dei lettori. Una fiducia che secondo Sara Bennewitz si nutre di lavoro puntiglioso, di verifica di fonti e notizie oltre i comunicati stampa diramati nel settore economico da cordate, poteri imprenditoriali, datoriali e sindacali.

Mentre ascoltavo il confronto s'alimentava fra i miei pensieri il coraggio, mi facevo coraggio, mi ha incoraggiato sentire che le storie di precarietà hanno diritto di narrazione su Repubblica, sull'Espresso che ha raccontato in un'inchiesta il lessico famigliare di padri e figli precari (di quel racconto non ho tuttavia ancora trovato il coraggio di scrivere) e solo ieri ha dedicato copertura e dignità ai proletari digitali, gli ultimi sfruttati di oggi.


E' chiaro che queste testate hanno fatto una scelta di campo, quella dei diritti. Diritti naturali: il naturale diritto di cronaca di giornalisti che scelgono di raccontare  il naturale diritto di cittadinanza dei precari.