giovedì 30 agosto 2012

agosto

Agosto non è crudele. È feroce. Si presenta come un mese del passato e ti costringe a ricordare. Ferocemente smette di essere tutto ciò che era. Aspettavo agosto tutto l'anno da bambino. La spiaggia, i templi di Paestum, la sensazione che tutto l'anno valesse la pena viverlo per rotolarsi nel bagnasciuga con mio fratello, con i miei cugini. La sensazione che la vita vera fosse agosto. L'attesa dell'agosto più bella dell'agosto persino. Vivere agosto da adulti non vale la pena. Ora agosto è solo un mese di promesse non mantenute, la dimostrazione che la vita ti ha tradito e quello che ti aspettavi non arriva. Come una generazione che credeva di poter vivere meglio dei propri genitori e invece vive peggio, assai peggio. Agosto era il mese dove riuscivi a prendere tutto ciò che di bello concepivi. Ora arriva e raccoglie esattamente le briciole dell'intero anno. Agosto ormai è solo un modo, come direbbe Chaillet, per essere infelici in modo molto romantico.

mercoledì 29 agosto 2012

Rispetto: può rifiorire?


Rispetto. Rispetto delle scelte, rispetto del proprio mestiere, rispetto delle regole di accesso alla professione ,  rispetto dei ruoli. Siamo così in mezzo, talmente una generazione di mezzo da non sapere più se sia un valore da praticare o da rivendicare.   Con quella sensazione perenne dell’essere fuori da un invisibile cerchio; dove non sempre chi  è dentro è più bravo di te.

Visto da Sud, quel cerchio è popolato spesso da persone incapaci ma ben introdotte, dotati del cognome e del lasciapassare giusti. Il posto fisso è stato un inesauribile merce di scambio nel sottobosco della politica locale che ha creato, fedeltà  ad un consenso fatto di riconoscenza malata; e di rispetto malato.  Senza alcun rispetto per le regole elementari di convivenza civile.  

Intanto eccoci, ci siamo: in una condizione comune di persone mature ma non più giovani, nel pieno di un’età produttiva e riproduttiva, in una ambiente ostile che ci emargina dalla produzione e negandoci la pienezza dell’essere genitori capaci dell’orgoglio di tirar su i figli con la dignità del proprio lavoro.  E noi nell’incertezza di un eterno salto nel buio: di contratto in contratto che non sai mai se ti verrà rinnovato; di retribuzioni che slittano di mesi ed anche di anni; di tempo che passa e lascia spazio a quelli più giovani di te, sfruttati  quanto te o di più, se possibile.

E  allora quello da riprenderci e da rinvigorire è il rispetto per se stessi che è stato il primo ad affievolirsi; è attenuato, ma è lì, toccherà farlo rifiorire. Solo nella consapevolezza del rispetto di noi stessi, del sapere che siamo in tanti  a combattere una guerra personale che sta diventando storia collettiva potremo chiedere il rispetto di chi è chiamato a decidere le politiche pubbliche di crescita e di sviluppo del Paese.

martedì 21 agosto 2012

Monti e la Generazione Perduta, al Meeting di Rimini: "dobbiamo fare tutto il possibile affinchè il Paese non vi perda"

 Il Presidente del Consiglio Mario Monti,  aprendo il  Meeting di CL a Rimini è ritornato al suo riferimento a noi, generazione perduta, dedicandoci un ampio passaggio, lo riporto qui con molto piacere, perchè è un'iniezione di coraggio, prima ancora che un bel segnale che ci dà quel che ci serve in questo momento: la voglia di andare avanti, ora che abbiamo detto,  in giorni di vacanze, solo per chi le vacanze ha potuto permettersele, siamo qui; ci tocca andare avanti e tutti insieme mettere a disposizione le nostre energie e idee migliori.

"Vedete, quando in un’intervista rilasciata poche settimane fa ho parlato di “generazione perduta”, non ho fatto altro che constatare con crudezza – a volte è necessaria anche quella – una realtà che è davanti agli occhi di tutti: lo “sperpero” di una intera generazione di persone che oggi giovani non lo sono più, alcuni di loro hanno superato i 40 anni d’età, e che pagano le conseguenze gravissime della scarsa lungimiranza di chi, prima di me, non ha onorato il dovere di impegnarsi per loro. Un’intera generazione che paga un conto salatissimo.
Una generazione che, ci tengo a precisare, non considero perduta perché priva di mezzi o capacità. Al contrario, trovo che la perdita, gravissima, di capitale umano abbia nuociuto fortemente al Paese, in parte per l’emorragia di professionisti e studiosi che hanno scelto di vivere all’estero, in parte per le mancate opportunità di coloro che, benché meritevoli, sono rimasti in Italia, senza trovare adeguate soddisfazioni professionali.
È questa la perdita generazionale a cui facevo riferimento. Una perdita che danneggia tutti noi, non solo i diretti interessati, a cui non mancano né energie né competenze. Apprendo che, a seguito della mia dichiarazione, molti appartenenti alla fascia d’età compresa tra i 30 e i 40 anni hanno reagito, siglando un vero e proprio manifesto in cui spiccano parole portanti come merito, rispetto, impegno e fiducia. È la conferma di quanto ho appena detto: abbiamo un capitale umano eccellente, al quale le “batoste” di questi anni non hanno tolto la voglia di proporre e di partecipare alla vita del Paese. 

Dobbiamo fare tutto quanto è possibile affinché il Paese non perda anche voi e, anzi, affinché possiate essere una risorsa preziosa per la nostra economia e per il sociale, ma soprattutto perché restiate sempre vivaci come siete oggi, perché possiate mantenere lo stesso fuoco nello sguardo, la stessa curiosità.".

mercoledì 15 agosto 2012

Nè perduti, nè ritrovati: consapevoli

Oggi ho incontrato,  lungo le strade della rete Ernesto Belisario, uno dei promotori del manifesto della generazione perduta, la lettura delle sue analisi su http://www.leggioggi.it/2012/08/14/tre-cose-che-su-generazioneperduta/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter; mi piace da qui confrontarmi con lui.
Non sono sola, non siamo, soli e, soprattutto non siamo colpevoli.  Ecco cosa ho  provato appena l'ho visto,  il manifesto;  l'ho anche  scritto un po' sinteticamente, nelle prime reazioni, voglio articolarlo meglio.

Se nasci, cresci, ti formi e scegli un mestiere in un tempo in cui è normale seguire una filiera precisa: studio, gavetta, aspirazione ad un lavoro per la vita, ci metti poi un po' a capire che non sarà così, le cose cambiano mentre sei in corsa, è come entrare in gara con delle regole e mentre giochi la tua partita l'arbitro se ne va, i tempi raddoppiano e l'avversario arriva armato. Si è cominciato invitandoci alla flessibilità, e tu pensi di non essere mai abbastanza flessibile e neanche sufficientemente armato. Sola.  Intanto ti senti solo perchè la precarietà sembra aver colpito solo te. Perchè è una condizione che ciascuno-a si vive a casa sua coltivando rigogliosi grovigli di inadeguatezza, senso di colpa, frustrazione.

Ora la messa a punto di un manifesto se pure non dovesse ottenere risultati 'politici' (che non è per me una brutta parola, anzi) ha il merito di aver indicato la condizione di milioni di persone e di aver fatto fluire la linfa della consapevolezza. Come un balsamo sono sicura sbloccherà quel senso di inadeguatezza individuale che potrà trasformarsi in un'energia positiva.

Ci si accusa e si precisa che non abbiamo intenti rivendicativi: a me onestamente rivendicare non sembra un verbo che chiede giustificazione; non godremmo di tanti diritti civili oggi se non fossero stati rivendicati prima di noi.
Qualcuno ha scritto che si tratta di un'iniziativa che durerà lo spazio agostano, io non lo spero e non lo credo: certo dipenderà da quali contenuti ed obiettivi  vorrà e saprà alimentarsi; che non è nostalgia del posto fisso (che male ci sarebbe?) del resto non posso desiderare quel che non ho conosciuto, ma condizioni più eque di contratto, di pagamento, di fiducia verso il futuro, questo sì.

Sono i nostri diritti di cittadinanza. E di visibilità: qui al Sud, più che altrove,  lo abbiamo visto il voto di scambio one to one: preferenze per posto fisso, pensioni di invalidità finte, integrazioni di reddito varie. E a furia di saccheggiare così denaro, amministrazione, posti pubblici; non è rimasto più nulla; nulla di sano. Solo diffidenza verso il Pubblico, lo Stato, la Politica,

Non voglio parlare ora di candidati alle elezioni politiche,  carichi di promesse, al prossimo giro il loro armamentario sarà spuntatissimo.

Il manifesto parla invece ai decision makers, il Governo Monti è vero è chiamato a tenere insieme il sistema Paese cercando di portarlo fuori dalle secche che non ha causato. I parlamentari, le persone che compongono i partiti, hanno responsabilità e devono prendersi la responsabilità di registrare la nostra esistenza.

Perchè questo è il primo, importante obiettivo raggiunto dal manifesto della Generazione Perduta: ci ha restituito consapevolezza; ora a loro tocca il dovere di vederci; vederci e condividere con noi impegni di politiche pubbliche possibili che ci tengano dentro il cerchio. Ignorarci non conviene a nessuno. Perchè se noi continuiamo ad essere invisibili, loro potrebbero scomparire.

mercoledì 8 agosto 2012

Il manifesto della generazione perduta

E' stato come guardarsi in uno specchio e non sapevo se esserne contenta o piangerci su. Le vie della rete amichevolmente percorse da Daniela Vellutino passando per La Stampa,  mi hanno portata a http://www.generazioneperduta.it/, manifesto della generazione di mezzo tagliata fuori dal futuro. Questa bella connessione che tiene insieme amicizia e profondità di informazione arriva fino ad una riflessione che sebbene sia agosto, ha superato in tre giorni le mille adesioni.  http://www.generazioneperduta.it/il-manifesto-della-generazione-perduta/ .
Intanto da qui vi invito a leggerlo, a firmarlo  e a diffonderlo. Cuore dell'appello 5 parole chiave:
Rispetto - Merito - Impegno - Progetto - Fiducia.
Le assumo in pieno e dedicherò da qui un post ad ognuna. Commenterò poi anche l'autorevole punto di vista in merito dell'economista Irene Tinagli http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10410 che arricchisce la discussione.

Portare la barca all'asciutto

"Noi in qualche modo "amm tirat  'a varc 'o 'sciutt   ma i figli nostri?"Gruppo di famiglia sotto l'ombrellone: i nipotini, i genitori poco sopra i trenta, i nonni che hanno appena raggiunto il traguardo della pensione o stanno per arrivarci.  Sintesi dei discorsi sospesi fra gli affanni di sempre, Monti e il rigore; si commenta che quest'anno 6 italiani su 10 non sono partiti per le vacanze; gli interrogativi sull'autunno che verrà, è l'inquietudine della neo nonna che ricorre alla saggezza dei modi di dire napoletani.
Noi abbiamo tirato la barca all'asciutto. E l'interrogativo supera la stagione delle castagne per spingersi oltre. Il futuro dei figli giovani, che lavorano e non lavorano, che se lavorano non si sa fino a quando e a quali condizioni lavorano. Hanno figli piccoli, l'impegno morale, materiale ed economico di mettere su casa preso grazie ai genitori che danno una mano quando serve, e serve spesso, sempre più spesso. La generazione del dopoguerra , giovani coppie degli anni Sessanta, una vita di lavoro per comprare la macchina, il frigorifero, la casa, il televisore a colori. Quante mogli hanno messo da parte dalla spesa le monete, da cento lire, la cinquecento lire di carta accantonando un anno intero la cifra necessaria per qualche giorno al mare o per il divano nuovo.
Quelle casalinghe dell'era del dado star oggi sono nonne e guardano alle figlie con apprensione: a quelle  che hanno i figli piccoli, a quelle che decidono che un figlio proprio non possono permetterselo. Economicamete ed emotivamente. Perchè da un individuo adulto ad un essere bambino il passaggio di sentimenti di fiducia e sicurezze dovrebbe essere un diritto naturale. Come una volta, non tanto tempo fa, solo una generazione fa in fondo. Dell'ultima generazione che è riuscita a tirare la barca all'asciutto.