giovedì 3 novembre 2016

In bici senza sella. Sole Cuore Amore. 7 minuti: La precarietà in 3 film.

Pedalare senza potersi sedere. Continuare ad andare avanti verso il futuro incerto e non poter contare su alcuna comodità materiale, morale,  mentale. Essere precari è una fatica quotidiana. Cercare lavoro diventa un impegno  estenuante senza orizzonte né fine per i trentenni, i quarantenni, i cinquantenni che abitano la contemporaneità italiana.
E la precarietà narrata con tinte  iperrealiste e grottesche arriva oggi al cinema con il film ad episodi "In bici senza sella" nato da un'idea di Alessandro Giuggioli che ha messo insieme 7 registi esordienti: Francesco Dafano, Chiara De Marchis, Matteo Giancaspro, Cristian Iezzi, Gianluca Mangiasciutti, Giovanni Battista Origo, Sole Tonnini. I toni narrativi sono quelli della commedia all'italiana capace di raccontare, far riflettere, far sorridere.
                                                                   
Un riso amaro alimentato dalla consapevolezza che il vivere senza certezze è una condizione trasversale che colpisce ed attraversa tutte le generazioni e tutti i ceti sociali. 
Il lavoro, realizzato in pieno stile precario cioè a costi ridotti e con un'azione di crowfunding,  è stato molto ben accolto alla Festa del Cinema di Roma ed è stato presentato anche alla Sapienza - facoltà di Economia, aula magna Ezio Tarantelli; luogo fortemente simbolico intitolato all'economista ucciso dalle Brigate Rosse nel 1985,  per aver teorizzato e proposto misure per la difesa del salario dei lavoratori.

"Una proiezione che è stata un grande successo - racconta Sole Tonnini - regista e autrice  degli episodi  "I precari della notte" (realizzato insieme a Gianluca Mangiasciutti)  e "Il posto fisso"che chiude il film - proiezione è proprio la parola giusta: 1200 studenti si sono visti proiettati nel futuro che li attende alla fine degli studi, si sono divertiti molto ma hanno anche condiviso molte riflessioni". Proprio in quell'aula che ha visto l'elaborazione e lo studio di tante politiche economiche italiane.

Lo dice bene  Giovanni Battista Origo che apre il lavoro con "Il Santo Graal": "La precarietà si sta abbattendo anche sui giovani della middle class,  un tempo al riparo, ce ne stiamo accorgendo ora ma è da anni che la trasformazione dell'accesso al lavoro sta lavorando sottotraccia nella società italiana, creando disagio e sofferenza. Raccontarla contribuisce a farla diventare sofferenza condivisa".

Sofferenza privata delle persone che sta nella carne e trasforma in peggio prima i giorni e poi gli anni: il cinema la racconta e accade  in questi giorni non solo con quest'opera ma anche con "Sole, Cuore Amore" di Daniele Vicari e con "7 minuti" firmato da Michele Placido.
Sono storie di uomini e donne che sull'altare del lavoro spezzato vedono frantumarsi esistenze e speranze. La macchina da presa scruta, cattura e narra; gli economisti elaborano i modelli; i sociologi osservano e studiano gli umani adattamenti alle trasformazioni. 

Ai decisori politici starebbe la responsabilità di intervenire, correggere le ingiustizie, governare il cambiamento perché tutti possano essere padroni e non vittime del futuro.



giovedì 22 settembre 2016

#vorreimanonparto. Serve lavoro stabile, riconosciuto, dignitoso

La Ministra della Salute Lorenzin, per il Fertility Day fa ancora autogoal  con una brochure sbagliata, usando immagini razziste (acquistate e non pensate ad hoc) lontanissime dalla nostra realtà.
La Stampa riporta con questo speciale  http://www.lastampa.it/italia/speciali/fertility-day la discussione al qui ed ora e lancia #vorreimanparto.
Con una puntuale informazione su: donne che hanno figli, come fanno a star in equilibrio tra lavoro di riproduzione e di cura,  quelle che non li fanno, perché non li fanno e lancia #Vorreimanonparto chiedendo ai lettori di partecipare alla discussione raccontando cosa serve davvero alle famiglie.

Alle famiglie serve lavoro stabile, riconosciuto, dignitoso.

Le Vorreimanonparto hanno poco più o poco meno di trent'anni. Vivono in un Paese che non solo non progetta e offre servizi per le giovani mamme, ma non dà  opportunità lavorative dignitose. L'autonomia non la puoi costruire se non hai certezza di un contratto, certezza del rinnovo del contratto, retribuzione congrua a quello che sai fare e che hai studiato, pagamento in un tempo definito.
L'indipendenza non la puoi costruire se non puoi lasciare la casa dei tuoi genitori.

Le precarie che oggi hanno  poco più o poco meno di 50 anni, cresciute e formate in una società che si basava sull'idea del posto fisso, uno per tutta la vita e con la scadenza del 27 del mese a segnare l'arrivo dello stipendio i figli li hanno fatti contando sui nonni. Risparmi, casa di proprietà dove vivere insieme, pensioni.
Scoprire, capire, metabolizzare che il posto fisso non c'era e mai più ci sarebbe stato è stato il lavoro più difficile. 

Ma almeno hanno chiuso gli occhi e nell'incoscienza di un domani migliore i figli che hanno desiderato li hanno messi al mondo. Ed ora che sono adolescenti si tratta di attrezzare loro e questo mondo a non essere un'altra generazione vittima del  #vorreimanonparto.

giovedì 1 settembre 2016

Fertilityday. Una pensata senza rispetto

Una campagna per invitare le donne e mettere al mondo figli? In questo mondo di incertezza e precarietà lavorativa? Di  contratti a scadenza, di lettere di dimissioni firmate ai colloqui in cui ci si impegna a lasciare il posto in caso di gravidanza; in questo paese di nonni che sostituiscono gratuitamente baby sitter, asili, accompagnamento a  scuola e sport, catechismo, feste di compleanno....

Ma davvero qualcuno, un gruppo di menti pensanti ha potuto immaginare, disegnare, creare claim e slogan per lanciare una campagna con una data,  un giorno in cui ricordarsi di procreare?

Ma davvero? Davvero?  Questa campagna, non è surreale e ridicola.

E' offensiva. Offensiva per le donne: quelle che hanno lottato per autodeterminarsi, rivendicando il diritto di scegliere se, quando, come e con chi mettere al mondo un figlio.

Offensiva per le donne che oggi lottano per tenere insieme desiderio di autonomia lavorativa (sempre più precaria); desiderio di famiglia sempre più rischioso perché se non hai la certezza di un lavoro rispettoso di quel che fai e di quel che sai non è che ai figli basta intonarci la canzoncina della ninna nanna se torni a casa e ti sobbarchi un'altra giornata di lavoro casalingo e non puoi permetterti una persona che se ne occupa al tuo posto.

Troppo facile portare a paragone la vita di una ministra, quindi non lo farò.

Intanto il sito della campagna è stato chiuso. Non è rimasto che il logo.
Nelle prossime ore partiranno distinguo e spiegazioni. Da una Ministra della Repubblica che non sa nulla dell'essere donna e madre in questo Paese.
Serve lavoro rispettato, servizi rispettosi, classe dirigente rispettabile, capace di leggere e governare i cambiamenti con rispetto.

domenica 21 agosto 2016

Spostarsi senza svenarsi: gli autobus low cost collegano l'Italia della precarietà

La prima sensazione è quella della gita scolastica del liceo: autobus gran turismo, quell'inconfondibile odore di nuovo e di viaggio; l'indecisione nello scegliere il posto con l'ultima fila che allora prometteva il divertimento più riparato dalle orecchie professori e oggi permette di far allungare le gambe con più comodità.
L'accesso al wifi gratuito e la presa al posto per tenere in carica il telefono portatile ti proietta immediatamente nel  tempo presente.

Da qualche mese l'Italia si attraversa in pullmann a basso prezzo. Da Nord a Sud, da Sud a Nord precari della scuola, della manodopera, dell'edilizia si spostano così per non svenarsi. Quanto prima prenoti meno paghi, si trovano tratte Napoli-Firenze a 1 euro o Lombardia Calabria per 20.
Il lavoro non è continuo e per economizzare e non spendere tutto in alloggio, cibo e spostamenti, per muoversi si affrontano viaggi che ricordano il mood degli anni della scuola.

Un modo per ricollegarsi: paesi d'origine e luoghi di lavoro; amici, fratelli, padri e figli; mogli e mariti. Famiglie. Quel che ne resta e non si arrende.

A bordo ci sono i pensionati; nonne soprattutto che si spostano per far da baby sitter ai nipoti cosicché gli stipendi dei genitori non si polverizzino nel piacere di crescere i figli che è diventato un lusso.

E tanti ragazzi: si muovono per studio e per vacanza e sono gli unici che guardano scorrere il nastro d'asfalto con il diritto di un po' di speranza nel futuro. Solo un po' però. Sono nati precari e lo sanno.





domenica 31 luglio 2016

Piccole storie che fanno la storia, un'italiana in Belgio

23  giugno   1946  Accordo Italia-Belgio per l'invio di lavoratori italiani in cambio di carbone a buon prezzo
8    agosto   1956  Tragedia della miniera di Marcinelle; muoiono 262 minatori, 136 italiani.

http://www.lastampa.it/2016/08/01/medialab/webdocauto/le-vedove-bambine-di-marcinelle-B5RZTJbXBRMh3ROTYiDqZO/pagina.html

18  agosto   1966  Sono nata io a Leut, regione del Limburgo mio padre Alfredo faceva il minatore nella                                    Mina di Eisden.

Cinquanta anni sono una cifra così tonda, ma così tonda che richiede di guardare avanti, a partire dalle radici. Le mie con i ricordi  d'infanzia sono la Mina, i turni di notte di mio padre a 1000 metri di profondità, quel senso di pericolo che accompagnava la dignità di un lavoro che teneva insieme comunità meticce: italiani d'ogni parte della penisola, marocchini, spagnoli in un Paese ricco di carbone e povero di manodopera.

In seguito all'accordo del '46 partirono dall'Italia a migliaia. Erano braccianti, contadini, operai in cerca di un futuro migliore.
Ne '56 nella zona mineraria francese nell'impianto nelle  viscere di Marcinelle un incendio restituì solo 8 superstiti.
La storia dei minatori è la storia di un pezzo d'Italia, un mostra a Trento la ferma e la ricorda fino al 25 settembre:  Sottoterra  Museo  Le Gallerie-Piedicastello.

E' un pezzo della mia storia.

venerdì 22 luglio 2016

Numeri e storie

Su cento poveri 8 hanno tra i 45 e i 54 anni, vivono in aree metropolitane; il dato è più acuto in particolare nelle famiglie che hanno un componente in cerca di lavoro. 
Rapporto Istat luglio 2016. 
Un'intera generazione cui hanno rubato il futuro.
Per chi ha passione per le cifre e le statistiche 

Dietro i numeri tante famiglie, storie, persone vita vera. Vite che gli è cambiato il mondo intorno e gli è franato il terreno sotto i piedi. In un eterno, irrisolto non più e non ancora.

giovedì 30 giugno 2016

#IstantaneeAmare: Quando i figli fanno i genitori

Un tempo, non tanto tempo fa,  i ragazzi, i ventenni degli anni Ottanta, ai primi lavori,  mettevano da parte un po' di soldi per pagarsi la pizza del sabato sera, un paio di jeans in più, le vacanze studio all'estero.

Oggi hanno poco più o poco meno di 50 anni, continuano a essere visti e quindi percepiti come giovani mai diventati adulti davvero. Precari, quando non disoccupati.

Se hanno figli, che hanno messo al mondo credendoci ad un domani fatto di certezze; vedono i loro ragazzi darsi da fare in fretta e contribuire, con i loro piccoli guadagni, al bilancio familiare.

Le famiglie generate dal babyboom degli anni Sessanta,  non hanno certezze e quindi non hanno orizzonte di futuro.
I loro figli contano su se stessi e quando accedono ad opportunità riservata loro dall'essere giovani: Servizio Civile, Garanzia Giovani, assunzioni che favoriscono le aziende incentivate sugli unter 35, aiutano la famiglia e non progettano vera autonomia.

I nonni contano sulle pensioni e danno una mano come possono, i genitori contano sui figli che danno una mano se possono. E i conti non tornano

domenica 1 maggio 2016

PrecariRai

Sguardi bassi, silenziosi persi dietro il susseguirsi delle consumazioni. Interno, in un giorno qualsiasi,  del bar Rai di via Teulada. Si alternano anonimi caffè variamente conditi senza personalità, serviti a clienti senza identità. Il rito della pausa senza l'abitudine di persone che si conoscono. Uno via l'altro: espresso, macchiato, lungo, amaro, decaffeinato. Uno vale l'altro: autore, regista, montatore, suggeritore, esperto artistico, giornalista, impiegato. Zero senso di appartenenza a MammaRai che alleva figli (contratto a tempo indeterminato, stipendi che vanno dal giusto dignitoso all'ingiusto sontuoso) e figliastri - Partite Iva e Tempi Determinati con contratti a scadenza e obblighi in tutto uguali ai dipendenti.

La Rai 9.600 dipendenti a tempo indeterminato e si avvale di collaborazioni richieste a 1.500  lavoratori titolari di  Partita Iva e 1000 a tempo determinato. Queste cifre contano gli iscritti alla cgil, quindi sono parziali per difetto. Sono di più i dipendenti e pure i precari incasellati nella dicitura AtipiciRai.

Ogni giorno migliaia di atipiche persone lavorano alla Rai. Raggiungono una delle palazzine del Servizio Pubblico, accedono ad una stanza, hanno una postazione.



Moltissimi usano un telefono ed un indirizzo email aziendale che tacciono nelle settimane di "pausa", dove pausa vuol dire interruzione di contratto che interrompe lavoro, stipendio ed anche contatti, relazioni, progetti.

Interruzione di contratto vuol dire soprattutto niente rate se vuoi comprarti un portatile nuovo, niente mutuo se progetti di acquistare casa, niente maternità se aspetti un figlio. E non è che puoi metterti a spiegare a tutti che sì d'accordo lavori alla Rai, ma non è come tutti pensano.

Senza contare che si entra in  un gruppo che è come un cerchio che tiene dentro i garantiti e tiene fuori i contrattisti chiedendogli impegno in orari extra, incombenze improprie, finanche investimenti economici.

Ai filmaker partite iva, per esempio,  inviati a realizzare servizi in giro per l'Italia per i talk politici  e per le trasmissioni di denuncia, accade di pagare l'iva due volte, sui viaggi che fatturano e sul reddito.

Da qualche tempo e con molta difficoltà la comunità degli AtipiciRai ha cominciato a fare dei passi insieme. Superato il muro del silenzio in cui ciascuno stava dentro la sua personale bolla precaria, oltre ad impegnarsi nella rivendicazione sindacale, si è riusciti a mettersi in dialogo attraverso i social creando su fb il gruppo Iva Party  https://www.facebook.com/IvaParty/?fref=ts.

La posizione dell'azienda? Classica, in trattativa con i sindacati che stanno lavorando ad una piattaforma per il rinnovo del contratto collettivo.

Utile certo. Servirebbe anche che i volti noti della televisione - giornalisti, showman, cantanti, presentatori -  prendessero posizione pubblica, mettendo la loro popolarità a servizio di tanti lavoratori che contribuiscono con il loro lavoro quotidiano, oscuro e nascosto a renderli popolari;  gente che, volendo potrebbe metterci la faccia.