sabato 1 settembre 2012

Siamo tutti minatori

Sono  figlia di un minatore. Stasera a Piazza Pulita ho visto la gabbia. L'ascensore che dalla luce ti porta a lavorare nelle viscere della terra. Ne ho sentito parlare tante volte nei primi anni della mia vita; eravamo in Belgio dove sono nata e dove mio padre emigrato, è stato minatore per 7 anni nella regione del Limburgo.

L'ansia di scendere giù nel sottosuolo senza la certezza di riveder la luce, raccontata stasera dai minatori del Sulcis, l'ho appresa dai giovani volti dei miei genitori; mio padre faceva il turno di notte, andava in miniera in bicicletta, ricordo la luce rossa sulla ruota allontanarsi nel buio.

Inspiegabilmente per lui, nonostante questo sacrificio sottoterra, questo tempo di precarietà e di incertezze ci fa vivere peggio di quelli della sua generazione che avevano meno mezzi ma più speranze. Noi abbiamo studiato di più, abbiamo visto, saputo, conosciuto di più eppure stiamo peggio. Siamo i primi a star peggio dei nostri genitori. Per lui è un rompicapo. Non scendeva in miniera per questo.

Domani, nell'ultimo giorno di agosto, a Roma, al Ministero dello Sviluppo Economico, si decide del destino della Carbosulcis; mi auguro un confronto con soluzioni possibili e non assistenzialiste; una decisione frutto di una politica industriale moderna, che contemperi il diritto al lavoro, il rispetto dell'ambiente e della salute, le regole di una produttività competitiva. Insomma un progetto  adatto  ai tempi contemporanei.

E che i minatori sardi, sottoterra per esasperazione e per protesta da quattro giorni, possano rimettersi nella gabbia per risalire verso la luce, tornare a casa e poi riprendere la gabbia e scendere a lavorare.

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