domenica 28 aprile 2013

#PrimoMaggio: nella precarietà tutti i giorni sono uguali

Tutti i giorni sono uguali quando sei precario. Anche il Primo Maggio. Te ne accorgi quando i sabati e le domeniche, le vacanze e le feste comandate ti mettono ansia, poi ti irritano un po' e non sai bene come mai fino ad urtarti definitivamente. Lavori e non lavori, ti pagano e non ti pagano e comunque non sai mai con quale scadenza.
Quel che è certo e che nei giorni rossi del calendario e nei periodi di vacanza non ci saranno novità: nè per un po' di lavoro in più, nè per un po' di soldi in più. E se non lavori i giorni di vacanza non ti servono per riposare; e se non hai soldi non ne può spendere in svago. Stai a casa esattamente come gli altri giorni, in compagnia di una rabbia sottile e corrosiva.
Si è svuotato di significato il tempo di vita e il tempo di lavoro, fino a poco fa ordinati e divisi.
Oggi è tutto frammentato. Si lavora con contratti che durano un giorno, tre giorni, una settimana, un mese... e quando si è senza si sta a casa ad aspettare.
Si sono dispersi anche i luoghi: c'erano i luoghi di lavoro, c'erano... oggi la tecnologia in rete consente soprattutto nei servizi, di lavorare da remoto. Casa & Bottega è una spirale perversa. Se aspetti che ti chiamino sei a casa; se hai qualcosa da fare 'per obiettivi', sei  a casa a lavorare. Non importa a che ora: fatti tuoi, al datore interessa il risultato. Punto. 
Chissà quanti precari oggi -  Primo Maggio -  stanno cercando di raggiungerlo in solitudine, a casa loro, mentre in sottofondo la tv rimanda gli inutili riti della ricorrenza promossi dai sindacati che invece di celebrare concertoni farebbero bene a parlare ai precari soli nelle loro case, anzi no a casa dei genitori.

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